L'Orfanotrofio Opera Pia Macioti e il Ricovero Regina Elena
L’orfanotrofio ”Opera Pia Macioti" e ”Il Ricovero Regina Elena”
ORIGINE, SVILUPPO E VICENDE DELL’OPERA PIA MACIOTI e Ricovero REGINA ELENA - estratto da Culto e carità a cura di don Tarcisio Casali
di don Paolo Cappelloni
Con testamento olografo del 25 gennaio 1838, Mons. Vincenzo Macioti, Vescovo di Ferentino, istituì erede universale erigendo un "Orfanotrofio maschile", disponendo che esso dovesse cominciare a funzionare non appena, con la capitalizzazione delle rendite, si fosse raggiunto un reddito annuo netto di 300 scudi; e, in ogni caso, non oltre il quindicesimo anno dal di lui decesso, che si veriiico nel 1840. Mons. Vincenzo Macioti successe a Mons. Giuseppe Maria Lais, e fu vescovo di Ferentino dal 10 febbraio 1836 al 1840. Nativo di Velletri, il suo episcopato durò solo quattro anni, ma fecondo di opere, non ultima la fondazione de "L’Opera Pia Macioti", resa possibile con il lascito testamentario su menzionato. Nel testamento prefisse anche lo scopo: "In esso Orfcznotrofio, i bambini ricoverati avrebbero dovuti essere mantenuti ed incamminati a quella professione ed arte propria della condizione in cui erano nati, di campagnoli, cioé, ed artisti". A Mons. Macioti, morto come detto nel 1840, seguirono Mons. Canali M. Giuseppe dal 1840 al 1842; Mons. Antonucci Antonio Benedetto dal 1842 al 1845 e Mons. Bernardo Maria Tirabassi, che - scaduto il termine prescritto - aprì effettivamente l’Orfanotrofio, affidandone la direzione all’Istituto dei Giuseppini. Senonché dopo pochi anni e, precisamente nel 1863, fu dovuto chiudere per mancanza di mezzi. E siccome lo stesso vescovo Tirabassi, nel frattempo, aveva istituito anche un Orfanotrofio femminile, egli, consenzienti i parroci del Comune, ottenne dalla S. Sede ( con rescritto pontificio del 25 settembre 1863) che per un sessennio le rendite dell’eredità Macioti fossero devolute a favore dell’Orfanotrofio femminile e, conseguentemente, fosse prorogato il termine di riapertura dell’Orfanotr0fio maschile di altrettanto tempo. Scaduto tale termine nel 1869 il vescovo, non Mons. Tirabassi - nel frattempo defunto - ma il suo successore Mons. Gesualdo Vitali, ottenne una seconda proroga, per un altro sessennio. Si giunse cosi al 1875. Gli eventi politici e bellici avevano nel frattempo segnata la fine del potere temporale della S. Sede. Il nuovo Governo, alla scadenza della proroga, nornino un Regio Commissario, nella persona dell’Avv. Achille Giorgi. Questi, ottenuto tramite il Comune, dal Fondo per il Culto, la cessione del convento di S. Agata (già appartenente ai Frati Minori Osservanti, e devoluto al Demanio inforza della legge 7 luglio 1866 N. 3036 ) riaprì nel 1877 - nell’ex convento - l’orfanotrofio maschile. Detto regio Commissario poi, con lo statuto, proposto e approvato con R.D. del 22 febbraio 1877, tuttora vigente, molto opportunamente fuse l’Orfanotrofio (dall’epoca della canvenziane del 3.12.1908 alla scadenza della medesima alla stessa data del 1938) maschile, fondato da Mons. Macioti, con quello femminile, fondato da Mons. Tirabassi, in un unico Ente, con patrimonio comune, con due sezioni: una maschile e una femminile, retto naturalrnente da un solo Consiglio di Amministrazione. lstituito, come detto, dal Vescovo Vincenzo Macioti, con testamento olografo del 25 gennaio 1838; reso esecutivo allo scadere dei 25 anni da Mons. Tirabassi; chiuso nel 1863 per mancanza di mezzi; con l’istrumento degli Atti ‘Rossi’, il 19 sett. 1875, riaperto nell’ex Convento di S. Agata, fu ceduto gratuitarnente dall’Amministrazione Fondo Culto, (con dispaccia del 19 aprile 1876 N. 1819, ad apera del Regio Cammissario Avv. Achille Giorgi nel 1877 ), con tanto di Statuto ai Padri Francescani. Aveva ottenuto l'approvazione con R. Decreto del 22 febbraio 1877 e Regolamento dalla Deputazione provinciale, il 4 giugno 1878. Ospitava soli 5 orfani sotto la custodia dei Padri Minori Osservanti. Questi man mano portarono l’orfanotrofio a un certo stato di floridezza, fino ad accogliere una ventina di orfani, ai quali veniva impartita l’istruzione elementare ed agraria, secondo la volontà del benefico Fondatore. Anzi, a meglio facilitare il raggiungimento dello scopo, il Comune di Ferentino, aflinché venisse amministrato dagli orfanelli agricoltori il terreno “ove potesse essere esercitata la loro industria ed il loro lavoro", con contratto del 12 luglio 1878 affittò all’Orfanotrofio Macioti - per la durata di anni 20 e con il canone annuo di L. 2.900 - ventisette appezzamenti di terreno. Contratto tacitamente prorogato alla scadenza, in parte (avendo il Comune nelfrattempo venduto alcuni appezzamenti) fino al 1909. Anno in cui, con nuovo istrumento del 20 marzo, fu stipulato altro contratto di fitto, limitatamente ai terreni siti in contrada Fraginale, Fontana Novella e Villetta, con annessi fabbricati rustici. Al nuovo contratto fu assegnata la durata di anni 30 ed il canone portato a L.343, con facoltà di sublocazione ai fini di educazione agricola degli orfani. Al Rev. Sac. Guanella che, nel frattempo, era successo ai Francescani nella Direzione dell’Orfanotrofio, fu fatto conoscere che sia all’Orfanotrofio stesso come ai suoi Amministratori era fatto divieto assoluto di cedere ad altri, per intero o spartitamente, il contratto di fitto. Purtroppo, però, dopo alcuni anni, i Francescani per loro particolari ragioni, non certo ultima la mancanza di idoneo personale, si decisero a rinunziare alla Direzione dell’Orfanotroftio, che fu dovuto affidare a personale laico. A dissuadere i Francescani dalla loro decisione non valse neppure l’invito pressante di Mons. Domenico Bianconi rivolto alla Provincia Romana dei Frati di ricomprare dal Demanio quello che era stato, prima della confisca, il loro convento di S. Agata. ll loro Procuratore generale, Fr. Pietro di Rocca di Papa, declinava l’invito e l’offerta con lettera al S. Em.za il Card. G. Goro, Prefetto della S.C. dei Vescovi e dei Religiosi del 36 ottobre del 1900. Anzi, sentito il Padre Generale, a nome dei Frati Minori, rinunziava a tutti i loro diritti sul fabbricato di S. Agata insieme alla Chiesa ed orto annesso in favore di quella religiosa Comunità che sarebbe stata scelta dal Rev.mo Ordinario. Pur rinunciando a quanto sopra (al diritto cioé di rivendicare i beni già di proprietà dell’Ordine) si riservano, all’atto di abbandonare Ferentino, di asportare mobilio, airedi sacri di qualsiasi sorta, non inventariati dal Governo. A solo titolo poi di gratitudine e di carità pregano la Comunità religiosa, che sarà chiamata a succedere a loro, di fare una modesta offerta. Pur declinando l’invito rimasero in loco fino al settembre del 1904. Da testimonianza orale sappiamo dal P. Paolo Mancinetti — S. Pietro in Montorio - che l’ultimo a lasciare Ferentino fu P. Pietro Giancarli di Rieti morto dopo 60 annni di sacerdozio a 94 anni nel ritiro di S. Bonaventura al Palatino. Messe in vendita, durante la fiera del SS. Crocilisso, nel sett. 1904, quanto non poteva asportare, caricato tutto ciò che poteva su di un carretto, consegnate la chiavi al Comune, si avviò verso il convento di Valmontone. Per l’insufficienza delle rendite gli orfani per più anni sono stati affidati ad un custode detto “maestro di compagna", il quale doveva provvedere alla loro assistenza senza alcun altra persona di servizio, di direzione, in quanto che l’Ente non aveva mezzi di poter assumere altro personale.
E’ facile immaginare in qual abbandono fossero gli Orfani ricoverati, tanto che il cav. Vittorio Colli, nel 1895, propose l’alienazione del fabbricato del1’ex Convento di S. Agata e il ricovero degli orfani in altri Istituti della Provincia. Successivamente i Commissari incaricati della temporanea Amministrazione dell’Ente, Cav. Emilio Cattaneo, nel 1898, e l’Avv. Amaldo Petrelli, nel 1904, constatarono le insormontabili difficoltà finanziarie in cui si dibatteva l’Ente, prospettandone le tristi e dolorose condizioni. Resisi conto e preoccupati di tale stato di cose, tanto il Vescovo - che a norma dello Statuto aveva il diritto di nominare due sacerdoti a far parte del Consiglio direttivo dell’Ente - quanto l’amministrazione - non potendosi con altri mezzi di rialzare le sorti dell’Orfanotrofio - pensarono seriamente di ricorrere a qualche Congregazione o Comunità religiosa, cui affidare la Direzione dell’Orfanotroiio. Grazie alla efficace e autorevole cooperazione del Vescovo Mons. Bianconi, si presero contatti e intavolarono trattative con il Sacerdote Don Luigi Guanella, Fondatore di vari Istituti di beneficenza in Italia e all’Estero, al quale il Comune di Roma aveva recentemente ceduto l’ex — Convento di S. Pancrazio sul Gianicolo, il 26 gennaio 1907, al fine di avere il suo aiuto. Allo scopo Mons. Vescovo mobilitò anche il nipote P .Alfonso Bianconi, che, vivendo a Roma, aveva maggiori possibilità in una ricerca del genere. Dallo sviluppo degli avvenimenti possiamo arguire che P. Alfonso che, ogni anno, in giugno, andava a trascorrere un periodo di vacanza presso lo zio, conoscesse le opere che in quegli anni don Guanella aveva impiantato a Roma: la colonia agricola a Monte Mario - 18 ottobre 1903; l’affitt del Palazzo dell’Arcadia - 1904; le trattative per l’acquisto dell’ex - convento di S. Pancrazio - acquistato poi il 26 gennaio 1907 — e inaugurato ufficialmente il 26 gemiaio 1908. Padre Alfonso probabilmente ne ha fatto cenno allo zio Vescovo. E’ difficile per non dire impossibile, per mancanza di documenti o testimonianze certe, stabilire 1’inizio dei contatti e delle trattative. Si sa che don Guanella si era in qualche modo impegnato con il Card. Ottavio Cagiano De Azevedo, vescovo di Veroli ma nativo di Frosinone, che, la domenica 3 marzo 1907, dopo aver visitato per lungo e per largo la Colonia Agricola o Istituto S. Giuseppe a Monte Mario ed essersi congratulato vivamente per quanto era stato o veniva realizzato, espresse a don Guanella il desiderio di avere nella “sua cara nativa Frosinone" — al piu presto - una colonia consimile. In un giorno non precisato del mese di giugno — stesso anno — lo stesso Cardinale invitava don Guanella a Frosinone per un sopralluogo in vista di una sua istituzione. L’acquisizione di altri documenti, non ultimo dei quali una lettera di Mons. Domenico Bianconi, autografa datata 22 novembre 1906 a don Guanella, con riferimento ad altre due lettere di questi del 9 novembre 1906, conferma che le trattative furono lunghe e laboriose. E’ risaputo poi che l’alienazione o cessione di beni di Enti pubblici é preceduta da atti e delibere del concedente, validamente approvate dalle Autorità Tutorie. Per l’importanza della lettera sunnominata la trascriviamo integralmente. Rev.mo D. Guanella, sua sede in Como. La sua del 30 sett. u. s. mise in festa questi Signori della Commissione e mi scrissero una lettera di vivissimo ringraziamento. Io ero fuori in giro per la Visita. Ora l’ultima del 9 cor. presenta la cosa assai difficile e tale sotto vari rapporti. Io non so né potrei dilungarmi, trovandomi occupato parecchio, poiché da qualche giorno, ritornato qui dopo non breve assenza, ma posso assicurarla che venendo i suoi si troveranno tutt’altro che a disagio. Le condizioni si porranno nette. Sarà lasciata loro piena libertà nell’indirizzo dell’0pera. Ad ogni modo, non trattandosi di nuova fondazione, ma di venire ad assumere la direzione di un’0pera già fondata, penso si possa accettarne senz’altro l’incarico, lasciando alla Provvidenza poi decidere se convenga rinunciarvi o no. Eppur è indispensabile che ora, allo stato delle cose, faccia tanta carità. Il povero Presidente, nella certezza della venuta dei suoi, diffidò da circa tre mesi quel solo(maestro di campagna) che aveva a guardia dei poveri orfanelli. Col 31 dicembre quindi si sarebbe in serio imbarazzo, ed io, che, sconsigliai finora di rivolgersi ad altri Istituti non vi farei la più bella figura. In Roma parlai di V. S. coll’Ecc. mo Card. Vicario, che mi incoraggiò ad insistere. Fui anche a domandar di lei dalle sue suore al Gianicolo ( palazzo del1’Arcadia in S. Pietro in Montorio preso in affitto per 3 anni il 2 gennaio 1904 tramite Mons. Bartolini presidente dell’Arcadia) dove lasciai un mio biglietto. Nella fiducia dunque che, nell’ imminente sua venuta a Roma, ogni cosa si abbia a definire secondo i comuni desideri, la ossequio e benedico di cuore in un alla sua Opera e mi confermo Ferentino 22 novembre 1906 + Domenico vescovo di Ferentino. La lettera trascritta ha la sua storia. Spedita e giunta a Como, quando don Guanella era in viaggio per Roma, da Como fu rispedita a Roma da don Vittorio Pontoglio, che apertala e letta, “per risparmio di posta" aggiunse notizie in quarta pagina, in data 28 nov. 1906. Come sia finita a Ferentino é un enigma. Si sa con certezza (La Divina Provvidenza, dicembre 1906, pag.175) da una corrispondenza da Roma, che don Guanella, giunto a Roma nel primo pomeriggio di sabato 10 dicembre, ebbe udienza dal S. Padre Pio X°. Riportiamo da "La Divina Provvidenza" del dicembre 1906 pag. 175: “1l Sabato primo dicembre, ebbi un'udienza del Santo Padre Pio X°. In quello stesso giorno, soggiunge, partii dal Vaticano con l’animo inondato di gioia .... con il proposito di ripassare a Frosinone e a Ferentino, dove si aprirebbero nuove vie di lavoro e di Provvidenza. Ma prosegue “La sera stessa parti alla volta di Fabriano e poi di Arce-via". Parla di proposito, ma non effettuato immediatamente. Usa il verbo ripassare. Il che fa supporre che i contatti, se non vere trattative, erano in corso da tempo sia per Frosinone come per Ferentino. Da “La Divirta Provvidenza del febbraio 1907, pag. 18" con il titolo “Una indiscrezione" leggiamo: “Da anni — siamo nel febbraio 1907 - il nostro Rev.do Superiore era invitato ad impiantare a Ferentino un Ricovero maschile .... Adesso, sia detto che nessuno ci senta, l’opera sta per sorgere promettente, ecc.." ln una lettera, datata Roma 12 febbraio 1907, a don Giovanni Bruschi, si legge: "Sto ordinando il nuovo Ricovero Pio X°, in questo convento carmelitano (sul Gianicolo in Roma ) capace di 200 letti. Si inizia probabilmente anche a Ferentino...". »
IL RICOVERO PER ANZIANI REGINA ELENA
Nel 1908, per iniziativa del vescovo di Ferentino, Mons. Domenico Bianconi, si divisò di istituire un ricovero per gli indigenti inabili al lavoro. A tal uopo: 1) - Il Comune si impegnò di contribuire con un sussidio continuativo di L 1.500 annue. 2) - La Congregazione di Carità un sussidio continuativo di L. 400 annuo, a carico dei Pii Legati di cui era amministratrice. 3) - Altri sussidi provennero da varie Confraternite del Paese. La nuova Opera Pia fu eretta in ente morale con R. D. del 6 marzo 1910. Ne fu costituito il patrimonio da tutti i succitati enti, con atto pubblico del 10 giugno 1910 e ne venne affidata l'amministrazione alla Congregazione di Carità di Ferentino. Questa a sua volta, dovendo provvedere ad attuare il funzionamento del progettato ricovero, pensò di valersi del Servi della Carità, che già da due anni dirigevano la Casa Divina Provvidenza, e che avevano locali disponibili nel Convento di S. Agata ceduto loro per uso della sezione maschile dell’Orfanotrofio Macioti. In seguito a trattative, si addivenne alla stipulazione dell’atto pubblico del 22.10. 1910, in base al quale: 1) - la Congregazione di Carità affidava la direzione del Ricovero Regina Elena per gli indigenti inabili al lavoro ai Servi della Carità rappresentati da don Luigi Guanella; 2) - questi, a sua volta, si obbligava: a) - di condurre e mantenere a tutte sue spese e sotto la sorveglianza di persone idonee di sua fiducia il suddetto ricovero per ambo i sessi; b) - di mettere a disposizione di tale ricovero nel convento di Sant’Agata 15 piccoli locali per il reparto femminile e due cameroni per quello maschile, consenziente in ciò il Presidente dell’Orfanotrofio Macioti, proprietario di detto Convento (o meglio che l’Orfanotrofio aveva avuto in uso perpetuo dal Comune). c) - di assumere e mantenere in detto ricovero quel numero di vecchi che la Congregazione di Carità credesse di ammettervi, mediante il pagamento della retta di L. 25 mensili (portate in seguito a 3,50 al giorno). Alla convenzione fu assegnata la durata di anni 28, in modo da farla scadere contemporaneamente all’altra che don Guanella aveva stipulato con l’Orfanotrofio Macioti.