Elpidio, abate
Stanca dell'ordinamento antico, alla fine del 1700 l'umanità sembrò sollevarsi in massa alla ricerca di libertà, eguaglianza, fraternità. Gli ideali della rivoluzione francese furono però sostenuti con tale carica di odio e di fanatismo da generare presto degli eccidi di rappresentanti dell'aristocrazia e di cristiani desiderosi di restare fedeli alla propria religione. È il caso di Carlo e Luigi Hurtrel morti insieme a 189 altri martiri della fede. Carlo Luigi Hurtrel nacque a Parigi nel 1760. Religioso dell'ordine dei minimi, fu ordinato sacerdote nel 1783. Allo scoppio della rivoluzione francese, interrogato una prima volta, dichiarò di aver scelto liberamente la vita religiosa. In seguito, arrestato insieme a numerosi altri ecclesiastici, venne trasferito nell'abbazia di Saint Germain de Près, trasformata in prigione. Qui venne raggiunto dal fratello Luigi Beniamino. Più giovane di 10 anni, Luigi aveva a sua volta seguito la chiamata alla vita sacerdotale. Studente al seminario di Parigi, era ancora diacono. Nelle prime ore del 2 settembre del 1792 i prigionieri vennero condotti nella sala del parlatorio dove gli appartenenti al clero venivano giudicati da un tribunale che chiedeva loro di prestare giuramento alla costituzione civile del clero, condannata dal Papa e ostile alla Chiesa. Quelli che si rifiutavano venivano subito giustiziati. Anche ai due fratelli Hurtrel venne chiesto di giurare. Si levò in loro difesa un membro del tribunale che li conosceva. Ne nacque una disputa furibonda. Nel frattempo, senza aspettare la sentenza, i rivoluzionari uccisero i due fratelli, martiri di Cristo e della fedeltà alla Chiesa cattolica. © avvenire.it