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Antifone "O" - 21 dicembre

  • Liturgia
O Astro che sorgi,
splendore di luce eterna, (Ab 3,4)
sole di giustizia: (Ml 3,24)
vieni, illumina chi giace nelle tenebre 
e nell’ombra di morte! (Lc 1,78)


Via via che il canto di queste solenni antifone procede, i titoli attribuiti al Messia si fanno sempre più misteriosi, più carichi di significato perché hanno la funzione di rivelare alla luce della fede tutta la grandezza della missione del Messia che Gesù si appresta a svolgere.
Dolce è la luce, e agli occhi piace vedere il sole”, osserva il saggio (Qo 11,7).
Esiste un legame naturale tra la luce e la vita.

Nascere vuol dire vedere la luce del giorno, come d’altro canto la morte viene definita un luogo di tenebre.
Per esprimere la misteriosa presenza di Dio vivente che dona la vita, l’Antico Testamento fa riferimento all’azione di Dio come a realtà determinante che sola può dissipare le tenebre.

Nemmeno le tenebre per te sono uscite e la notte è chiara come il giorno”. (Salm 138,12).
Dio esercita un’azione discriminante tra la luce e le tenebre: egli sta dalla parte della luce, egli è La Luce. Presenza luminosa di Dio che va di pari passo con la sua salvezza, con le promesse di una gioia senza fine a cui sono chiamati quanti vivono nella speranza di godere della sua bontà nella terra dei viventi! (Sal 26,1.13).
Certo, non si entra a cuor leggero nello splendore della luce eterna. La maestà di Dio, che offre agli uomini la sua amicizia, potrebbe accecarli con la sua stessa intensità.Le tenebre, che invadono il paese d’Egitto in occasione della Pasqua del Signore, divengono così uno dei segni precursori del giorno di Dio. 
Ma il giorno del Signore si annuncia anche come un giorno di gioia e di liberazione per chiunque attende una salvezza, per il “popolo che cammina nelle tenebre e che vedrà una grande luce. (Is 9,1; 42,7; 49,9; Mic 7,8). Come potrà lo splendore sfolgorante di quel giorno senza tramonto, vittorioso dell’errore e della menzogna, non essere accompagnato da una grande gioia? (Is 30,26; Zc 14,7).


Le prime e le ultime parole del dialogo che conclude il libro di Malachia (e dunque tutto l’Antico testamento), stanno a significare che il giudizio, per quanto terribile e minaccioso, non è che un passaggio obbligato per tutti, e persino l’inverso di un mistero di salvezza, al quale non si può accedere senza una purificazione (Ml 3,17-21). Sugli eletti di Dio sorgerà “un sole di giustizia dai raggi benefici”. Quando con il suo cantico il sacerdote Zaccaria saluterà nella nascita di Giovanni l’alba del giorno messianico, sarà a questa restaurazione prevista dai profeti che egli ci chiamerà, a questo “Sole di giustizia” che è Dio stesso e che nel nome del Signore purificherà i figli di Levi, fascerà le piaghe del suo popolo e guarirà le sue ferite. (Lc 1,78).

E’ degno di nota che l’ultimo profeta dell’antica alleanza evochi il giorno del Signore in un contesto riferito agli ultimi tempi che vede però l’angelo, il messaggero di Dio, con tratti messianici che pure preannunciano Gesù Cristo.

(Robert Gantoy e Romain Swaeles, benedettini dell’Abbazia di Saint-André de Clerlande, Belgio)