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Memorie storiche di don Paolo quinta parte

  • Memorie don Paolo Cappelloni

refettorio-convento 1922 - '23 - Terza elementare. Direttore: Don Riccardo NEGRI,
coadiuvato da
Don Filippo GRAMA TICA
Don Paolo TOSCANI
Don Gerolamo CREMONESI
Ch. Pietro ALFIERI TOGNINI
Ch. Antonio MASTROGIACOMO - Nov.
Ch. Luigi GRANDELMAIER

È un anno per me ricco di ricordi. Trovai nel chierico Tognini l'uomo che mi comprese. Anche se l'anno prima, per un mio sconsiderato gesto, ricevetti da lui un ceffone solenne. È andata così. Mio fratello Gilberto, pur non potendo venire a farmi visita per le ristrettezze economiche in cui viveva e la precari età del lavoro, mi seguiva e desiderava, che al termine della mia permanenza in Istituto uscissi sufficientemente preparato ad affrontare la vita. E per lettera chiedeva notizie di me: sulla mia condotta e progressi scolastici. La terza elementare chiudeva allora il primo ciclo di studi. E promossi rilasciavano la licenza. Sapendo che avevano messo insieme una piccola banda, chiese che fossi avviato alla musica. Don Riccardo diede incarico al maestro di banda del Comune, certo Ferdinando INCELLI, di darmi lezioni teorico-pratiche. Il ragazzo che non era stupido, apprese con estrema facilità la parte teorica su un metodo allora in voga, per passare poi allo strumento. Mi fu assegnato il genis d'accompagnamento, per poi farmi passare alla cornetta seconda, che chiede gran fiato. Passato dal solfeggio manuale, passai al solfeggio con lo strumento.

In un pomeriggio caldo, mentre gli altri compagni erano in aula, io, con il metodo di spiegato sul leggio, che molto mi sopravanzava in altezza, mi esercitavo a solfeggiare con lo strumento. li maestro Incelli batteva il tempo. Una stecca .... una seconda stecca .... e la pazienza del maestro si esaurì e mi percosse con la bacchetta. Per comprendere le mie reazioni, anche a rischio di castighi più gravi, non sopportavo le botte. Presi il metodo e lo stracciai, stavo per sbattere per terra lo strumento, che poi, frenandomi, adagiai sul pavimento. Naturalmente il gesto fu riferito immediatamente all'assistente, in classe con gli altri ragazzi. Fui chiamato, Tognini era in cattedra. Tensione in aula. Mi presentai e al suo cenno mi accostai alla cattedra. Quando rimboccava la manica destra, il temporale era vicino. Arrivato a tiro, è PARTITO UN CEFFONE CHE MI HA COLPITO IN PIENO VOLTO. E giù sangue dal naso. Chiama un certo Coppotelli: "Portalo a lavare".

Non sapendo come sfogare la rabbia che avevo in corpo, l'abbondante sangue che mi usciva dal naso raccolto nella mano destra lo spruzzavo sul pavimento. Mi accompagnò al pozzo della cucina. Il sangue cessò e la rabbia sbollì. La sera, ecco il gesto, che non ho mai dimenticato. Mi accosta in cortile, mi fa una paternale e mi dà un fazzoletto. Quanto debbo a quell’uomo! Mi istradò sulle vie del sapere, anticipando, nonostante facessi la III elementare, gli autori e le opere dei classici, come Omero, come Virgilio. Ci chiamava "africanelli" ma non disconosceva le nostre doti naturali. Per emularci, essendo la nostra una pluriclasse, ci metteva in gara a chi imparasse prima una poesia, con la promessa magari di un confetto. Ricordo che un giorno oggetto della gara era una poesia di Alida Brunacci Bonamonti, di Motta Visconti, se non erro. Dopo un quarto d'ora o giù di lì, eccomi pronto.

"Era limpida goccia dondolante, sul curvo ramoscel d'un biancospino Innamorata del Sol di levante, lo rifrangeva in sé come un rubino ... con quel che segue, e presi il confetto. Nelle nostre escursioni, ci fece conoscere le antichità del paese: il testamento inciso su pietra di Aulo Quintilio - Gli archi di Casamari - la Porta Sanguinaria - la Cattedrale - le Mura Ciclopiche ... Era veramente innamorato della Ciociaria. I suoi scritti pubblicati su "La Divina Provvidenza" li ho raccolti, fotocopiati e raccolti in quaderni, così quanto scrisse su "Fossanova" e un turistico viaggio lungo la Pontinia di allora, attingendo notizie da monografie ed esperienza diretta. Peccato che delle sue novelle affidate a "Culto e Carità" non si ha traccia, perché del suddetto periodico non è rimasta copia. Fortuna volle che Don MAZZUCCHI riportava spesso e volentieri i suoi scritti su "La Divina Provvidenza".

Fu lui che nel 1923 organizzò e condusse in porto la gita a Montecassino. Si partì in treno la sera, raggiunta a piedi la stazione. Arrivati a Cassino ad ora tarda, nel trasferirei dalla stazione all'imbocco della strada che saliva e sale alla SANTA MONTAGNA, abbiamo svegliato, tra maledizioni, mezzo paese. Per la colazione eravamo tutti forniti di una pagnottella in un sacchetto di carta paglierina con la raccomandazione, non la proibizione, di risparmiarla se volevamo fare la comunione. Era autunno. La salita lunga e dura, la tentazione di addentare la pagnottella insistente. Non me ne faccio un merito ma ho resistito. Giunti al monastero, saranno state le 5 del mattino, siamo scesi subito nello scuro lo, ove appaiati, come fratello e sorella, giacciono insieme Benedetto e Scolastica. Debbo confessare miseramente, che seduti su quei bancali di marmo, stanco e assonnato, ho dormito saporitamente, svegliandomi al tempo giusto per fare la Comunione.

Terminata la Messa, visita guidata al Monastero. E ci parlò del fiasco d'olio e dell'impronta che, fatto cadere dalla finestra da S. Benedetto lasciò sulla soglia, udendo il Frate addetto all'elemosina, la rifiutava al mendicante che ne aveva fatto richiesta. E questo che cosa è? Nel bosco l'impronta delle ginocchia di S. Benedetto ai piedi di una Croce.

A mezzo giorno fummo ammessi a tavola con i monaci e gli alunni. Un refettorio grande. Pranzo ottimo consumato in silenzio, mentre dal pulpito uno leggeva, se non erro, la vita di S. Filippo NERI. Bella e indimenticabile giornata. Il rientro avvenne a ruota libera, perché lasciando la rotabile siamo scarrucolati giù a valle, facendo nostra ogni pianta di fichi. In serata, preso il treno, facemmo ritorno a casa. Dopo molti anni - a Montecassino che: "rabies inimicorum diruit", e riedificata, ho dedicata la seguente poesia.

PACE! PACE!

Quanta storia è passata da quel giorno
quando salii fanciullo il colle eletto
del grande Patriarca BENEDETTO!
Ora carico d'anni fo' ritorno.
L'ABBAZIA,
Distrutta nei secoli da Barbari antichi e Barbari moderni,
"succisa virescit"
I nemici di ieri
accomuna la morte.
Giacciano a fianco là nei cimiteri:
sotto il Calvario dormono i Polacchi
in millecento tombe;
I Tedeschi più giù a mezza costa,
a piè del monte giacciono gli Inglesi

È sera, il sole occiduo declina;
Nel silenzio s'avvolge l'Abbazia;
La campana rintocca “AVE MARIA”
Finito il Vespro il Corista intona
Salve Regina!

Nostra Avvocata
Gli occhi tuoi benigni
rivolgi a noi, e dopo questo esilio
mostraci, o Madre, il volto del tuo Figlio.
Nostra preghiera Te clemente ascolta
pietosa dolce Vergine MARIA.
E quando l'operosa valle tace,
gridate o Morti al Mondo "PACE PACE!"