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Memorie storiche di don Paolo decima e ultima parte

  • Memorie don Paolo Cappelloni

1925 - 1926

Don Riccardo NEGRI

Don Filippo BONACINA Don Abramo RIVELLINI

Ch. Luigi FAVERIO, aspirante

Ch. Giuseppe MAGNANI

Giovanni FUMAGALLI, addetto

Alessandro BAROZZI, addetto

L'ultimo anno. Il ragazzo cresceva e si affacciavano i problemi propri della adolescenza. Crescevano i capelli e risparmiandoci la rasatura a zero, si coltivavano e per metterli in piega, allora era di moda la mascagna. Non potendo ricorrere a pomate o ad altro delle molte diavolerie che hanno in ventato oggi, si ricorreva al sapone e a una stretta legatura con l'asciugamano. Accettai la sfida che nessuno sarebbe riuscito a taglirmi i capelli.  Sfida stupida che ho perso in pieno. Aspettandomi che i compagni avrebbero agito di notte, ho tentato tutto per tenermi sveglio. Ma il sonno prevalse e uno di loro ebbe buon gioco di sforbiciarmi.

In chiesa occupavamo le bancate di sinistra. Un grappolo di ragazzette del borgo si accodavano. Tra i più grandini tutti s'erano fatti l'amichetta. Anch'io pensavo di essere oggetto di attenzione di una brunetta. Durante la ricreazione, dal muro di cinta, come è detto nella Bibbia "Filiae discurrebant super muro".

Quante illusioni, quante delusioni! Il lavoro in tipografia mi assorbiva e il rendimento era ottimo. Conoscevo i caratteri, le in terlineature. Quando avvenivano le correzioni in macchina, dopo la prima bozza, ero sempre pronto e preciso a prendere il materiale richiesto per le correzioni.

Don Riccardo era stanco e contrariato per motivi che mi riservo, se Dio mi dà tempo e salute, di rimandare a una monografia della storia della nostra Casa di Ferentino, che forse fra tutte è la più documentata.

1925: ANNO SANTO! Don Riccardo non ci poteva fare regalo migliore. Lo preparò bene. Chiese e ottenne alloggio in Vaticano. In treno a Roma. Tre giorni pieni, tra visite alle Basiliche, Udienza con il Baciamano; e, quella che mi rimase più impressa, la Mostra Missionaria nei giardini Vaticani. Per l'occasione avevamo preparato canti liturgici, ricordo, del Caudana il "Lauda Sion Salva torem-Lauda Ducem el Pastorem! in innis et canticis. - Sit Laus Plena - Sit Sonoa - sit jucunda si decora, mentis jubilatio- Christus vincit - Christus regnat - Christus imperat".

1925 - 1926

Sac. Don Filippo Gramatica

Don Amedeo CANZI, gia a Ferentino come assistente

Allessandro BAROZZI, addetto laico

Luigi FAVERIO, aspirante

Annidati nella mia memoria ho pochi ricordi di lui. Da altre fonti so che don Gramatica conosceva Ferentino e la nostra casa fin dal 1906, quando Don Guanella partito da Roma il 1° dicembre 1906, dopo l'udienza pontificia, invece di riprendere la via del Nord prese il treno per il Sud, con l'intenzione di fermarsi a Ferentino, per darsi conto di persona sulla situazione reale dell'ex convento, scese invece a Frosinone, forse per incontrarsi con il Card. De Azevedo, vescovo di Veroli, ma oriundo di Frosinone, che dopo una visita alla Colonia di Monte Mario, aveva espresso il desiderio di avere "nella sua diletta Frosinone un'opera consimile. Il 2 dicembre, e c'è lettera autografa, scrisse da Frosinone a Mons. Bianconi, scusandosi, e assicurandolo che avrebbe mandato un suo sacerdote da Monte Mario. Questo sacerdote era don Gramatica. Non fu quindi casuale, come si continua a scrivere e raccontare la nostra andata a Ferentino e l'assunzione in amministrazione di quell'opera destinata a chiudere. Per un giudizio sereno su don Gramatica, bisognerebbe rifarsi a quanto ha lasciato scritto Don Guanella. Alto e di corporatura robusta ma di carattere eccentrico, facile ad irritarsi e a reagire. A Ferentino, uscendo una volta in cortile, si accorse che un povero storpio, per gustarsi un grappolo d'uva, con sforzo era salito all'altezza del pergolato. Avanzavano giù le gambe ciondoloni. Lo fece scivolare giù, malmenandolo oltre misura.

Il ragazzo gli si avvinghiò alle gambe, cercando di morderlo. Altra volta, salito in ritardo al Duomo per ascoltare la predica di Quaresima, prese due donne, che ciaccolavano beatamente per i capelli. Impulsivo com'era, non sapeva contenersi.

Per la settimana santa del 1926, per l'eccessivo frastuono che facevamo molto al di là dell'alquantus strepitus ammesso dalla liturgia, dalla navata centrale ci hanno obbligato in coro. Peggio. Don Gramatica occupava il posto dell'Abate, seduto avanti a sé aveva un ragazzo con le stampelle. Noi negli stalli, al momento indicato abbiamo fatto un fracasso indiavolato con le zoccole, il povero storpio, batteva con le stampelle sulla pedana di legno, don Gramatica picchiava con i pugni sulla testa del mal capitato.

A settembre, non ricordo se previo colloquio con don Tognini, prete dal 1° novembre del 1925, ma non alla sua insaputa, decisi per Fara Novarese d'accordo con il mio compagno Amerigo Di Sandro. Associarono altri due ragazzi, un certo Sbardella Pietro, forse di ignoti, e uno di Ferentino Alberto Fiorini, il 15 settembre, accompagnati da Alessandro Barozzi, siamo partiti per Fara Novarese. Il giorno del Crocefisso in duetto con Galli Giovanni, già compagno di fuga, ho cantato da contralto: "Tu che il mio nulla ben comprendi o Dio" con quel che segue su parole di S. Teresina di Gesù. Partii senza rimpianti. Quanto prima di partire sono andato a salutare le suore, mi son sentito dire: "Il diavolo si fa frate!".

OGGI quel "diavolo" ha con il 17 marzo prossimo 86 anni, 59 anni circa di sacerdozio, 65 anni dalla Prima professione e, con il 15 marzo 77 anni di presenza nell'Opera Don Guanella.

A chi veniva affidato il delicato compito di educatori o, come si denominavano da noi assistenti, alla dipendenza del Direttore, nelle case "Minori" o dei Prefetti di disciplina nelle case maggiori. In sei anni e mezzo di mia permanenza a Ferentino (1520-1526) si sono succeduti nell'assistenza dei ragazzi:

Don Carlo BORGHI, allora chierico

Don Gaspare LAGO, sacerdote

II chierico Pietro ALFIERI TOGNINI, aspirante

Il chierico Amedeo CANZI, aspirante

Certo Francesco BORRETTI, non identificato

Don Girolamo CREMONESI

Il chierico Antonio MASTROGIACOMO, novizio

Il chierico Luigi GRANDELMAIER

Il chierico Enrico CORNEO (1919-1923)

Il chierico Adelchi MASCETTI, novizio

Marcello CECCARELLI, addetto

Don Abramo RIVELLINI

Il chierico Pietro CARUGATI

Il chierico Remo BACECCHI, novizio

Il chierico GiuseppeLAMANNA, novizio

Il chierico Luigi FAVERIO, aspirante

Il chierico Giuseppe MAGNANI, aspirante

Alessandro BAROZZI, addetto

Donato GESUMONDO

Totale 18 - Venivano mandati allo sbaraglio, già prevenuti per quanto si sapeva di Ferentino, per le dicerie che giravano. Inviati poi senza una preparazione specifica erano sacerdoti anziani come don Gaspare LAGO, don Abramo RIVELLINI, che all'assistenza associavano il ministero sacerdotale nella chiesa di S. Agata, che non era ancora eretta in Parrocchia. Don Girolamo CREMONESI, ordinato a Ferentino il 24 dicembre 1922, sordastro per un'otite purulenta. Il chierico Pietro CARUGATI per una relazione sentimentale, allontanato da Ferentino e dimesso dalla Congregazione. Quattro erano ancora aspiranti, Marcello CECCARELLI ha lasciato, come addetto e poi aspirante laico un triste ricordo. Quattro erano ancora novizi. I più senza una preparazione specifica. Sopravvive, passato da aspirante al sacerdozio ad aspirante laico, Luigi FAVERIO con la sua bella età di 96 anni, essendo nato il 1° dicembre 1901 e morto a Como il 13 novembre 1996. Dei chierici 8 hanno raggiunto la meta del sacerdozio, o in Congregazione, i più o in diocesi. Ricordo con particolare stima e riconoscenza: don Carlo BORGHI e don Pietro ALFIERI TOGNINI, don Remo BACECCHI.

SITUAZIONE E MOVIMENTO PERSONALE

1919 -1920

Sac. Don Paolo PANZERI

Ch. Carlo BORGHI

Sac. Giuseppe CASTAGNOLA

1920 - 1921

Sac. Riccardo NEGRI

Sac. Gaspare LAGO

Ch. Carlo BORGHI

1921 - 1922

Sac. Riccardo NEGRI

Sac. Filippo BONACINA

Sac. Carlo BORGHI

Ch. Pietro ALFIERI TOGNINI, aspirante Ch. Amedeo CANZI

Francesco BORRETTI, addetto

1922 - 1923

Sac. Riccardo NEGRI

Sac. Filippo BONACINA

Sac. Girolamo CREMONESI

Sac. Paolo TOSCANI

Ch. Pietro ALFIERI TOGNINI

Ch. Antonio MASTROGIACOMO, novizio

Ch. Luigi GRANDELMAIER

1923 - 1924

Sac. Riccardo NEGRI

Sac. Filippo BONACINA

Sac. Paolo TOSCANI

Ch. Enrico CORNEO

ASPIRANTI LAICI

Francesco BORRETTI

Roberto SPENSIERI

Paolo CAPPELLONI

Amerigo DI SANDRO

Romolo MANCINI

Giovanni PISTILLI

Augusto VENANZI

Serafino BORGOGNONI

1924 - 1925

Sac Riccardo NEGRI

Sac. Filippo BONACINA

Sac. Abramo RIVELLINI

Ch. Pietro CARUGATI v. p.

Ch. Remo BACECCHI, novizio

Ch. Giuseppe LAMANNA, novizio.

ASPIRANTI LAICI

Marcello CECCARELLI

Paolo CAPPELLONI

Amerigo DI SANDRO

Romolo MANCINI

Giovanni PISTILLI

Augusto VENANZI

Serafino BORGOGNONI

Armando PATRIARCA

1925 - 1926

Sac. Filippo GRAMATICA

Sac. Abramo RIVELLINI

Ch. Luigi FAVERIO, aspirante

Ch. Giuseppe MAGNANI, aspirante

Giovanni FUMAGALLI, addetto

Alessandro BAROZZI, addetto

1926 - 1927

Sac. Filippo GRAMATICA

Sac. Amedeo CANZI

Alessandro BAROZZI, addetto laico

Luigi FAVERIO, aspirante

Nell'anno 1925-1926 dimesso dal noviziato, in attesa di una sistemazione, fu mandato a Ferentino un tal GESUMONDO. Proveniva dai Passionisti. Un minus habens. Di lui ricordo un solenne ceffone.

La vocazione del giovanetto Angelo EMANUELE fu messa a dura prova in occasione dell'inchiesta, la prima in ordine di tempo e vivente ancora il Fondatore, delle 5 subite dalla Casa di Ferentino, da parte del rag. Antonio FRANCOLINI, che diede poi luogo a richiami e provvedimenti che molto infastidirono il povero e timido don Paolo PANZERI

La relazione, di mano di don Panzeri, è del 7 aprile 1915. Don Panzeri ci vedeva l'intendimento di costringere la Congregazione ad abbandonare tutto, come espressamente ebbe a dire all'Orfano Emanuele Angelo, quando fu da lui consigliato a deporre l'abito per frequentare il Regio Ginnasio, perché, disse a lui il Sig. Rag. Antonio Francolini: "Ti sbagli a metterti in questa carriera, perché questi preti verranno soppressi".

Forse merita un cenno, per essere stato il primo aspirante che la Casa di Ferentino offrì all'Opera. Un altro Bernardino CONTI, mori nel 1926 e fu sepolto nel cimitero di Fara. Riporto perciò quanto pubblicato su "LA DIVINA PROVVIDENZA" aprile-maggio 1917.

A un'ora dopo la mezzanotte, che divide il Venerdì da Sabato Santo, nell'Istituto S. Gerolamo di Fara Novarese scambiò la terra col cielo l'anima del ch. Angelo Emanuele. Era nato a Ferentino quasi diciassette anni prima: già orfano ricoverato nel nostro Istituto di laggiù, ora alunno di quinta ginnasiale a Fara ed ivi aspirante alla Congregazione dei Servi della Carità. Vicende di Provvidenza l'avevano condotto nel nostro nascente Istituto, perché vi divenisse la vittima destinata - in adempimento d'una condizione imposta da Don Guanella al fiorire delle nuove fondazioni a fecondarne ed assicurarne la stabilità e lo sviluppo, e meglio che con il suo ministero di quaggiù avesse a giovare lassù alla Congregazione, che non soltanto sulla terra vuol contare i suoi istrumenti e i suoi cooperatori, ma in Paradiso è lieta di avere quelli migliori e più efficaci.Cosi le vicende della malattia rapida e violenta (dal 1° al 7 aprile), un vivo sentimento di fede, la persuasione comune rischiarò la morte precoce, pur umanamente dolorosa e lacrimata, della luce dei sapienti e misericordiosi disegni divini. Il Lunedi di Pasqua, sotto un cielo illuminato di sole e di speranza, la nera bara passò per il paese levata in alto sulle spalle dei mesti compagni e salì al bel S. Pietro per nascondersi nell'umida tomba; lo spirito certo salì più su, sollevato dalle preghiere fervorose di suffragio d'un popolo orante. Sulla fossa con gli astanti pianse l'umile amoroso Superiore: e fu pianto di umano rincrescimento per la scomparsa di chi si desiderava valido cooperatore di quaggiù, pianto di invidia d'una morte bramata a sé quale migliore e più meritorio impiego della propria vana esistenza, pianto di ansia per la temuta manchevolezza di non aver saputo indirizzare l'anima dell'allievo ad un Paradiso più bello e più pronto, pianto di fiducia nella intercessione di colui il quale dal Cielo certo amerà chi con affetto, reso più intenso e sincero dall'ora solenne, chiamava sul letto di morte come "suo buon padre", pianto di commozione davanti alla sapienza e alla bontà che Dio dispiega e manifesta a nostro vantaggio soprattutto nei misteri di dolore. E quale pensiero dolce di gratitudine alla popolazione di Fara e alle Confraternite e al degnissimo Arciprete, per la preziosa e generosa partecipazione al lutto, disse, come sentiva e sente nel cuore, la convinzione, che l'anima dell'estinto, sceso colla salma sotto le zolle del camposanto a stringere tra l'Istituto e i Faresi un soave vincolo - quello della morte - si sarebbe per i suffragi dei buoni affrettata a veder Dio in Paradiso per impetrarne grazie speciali sul paese, come sull'Istituto, sui Superiori, sui compagni. Breve è il distacco e l'attesa; arrivederci, o caro Emanuele, in Paradiso.