La Casa Divina Provvidenza di Ferentino - di B.M. Valeri 1
In cinque appuntamenti ripercorreremo un pò della storia della casa Guanelliana di Ferentino: ci aiuterà nel percorso la prof.ssa Biancamaria Valeri.
accanto una foto degli anni '60 relativa alll'ingresso della Casa. Tra gli altri, si possono facilmente riconoscere don Radaele Di Torrice (don Lello) e don Antonio Passone, allora direttore della Casa.
Scuole nella Casa della Divina Provvidenza in Ferentino, La costituzione della casa guanelliana in Ferentino nel 1908
La costituzione della casa guanelliana in Ferentino (1908) Per capire le motivazioni che indussero il beato don Guanella a fondare un suo Istituto in Ferentino, bisogna richiamarsi ai fatti che accaddero nel lontano 1870, quando la nostra città divenne territorio del Regno d'Italia sotto la dinastia sabauda.
Questo rimando storico apparentemente può stupire; ma, conoscendo più da vicino la situazione scolastico-culturale di Ferentino, si capirà come il terreno sociale fosse fertile per l'impianto dell'istituto guanelliano. Nel 1870(1), caduto il dominio temporale del Papa, la nuova giunta municipale, espressione del governo laico, rilevò tutte le istituzioni educative ed assistenziali della città di Ferentino e si apprestò a riformarle e a riorganizzarle secondo i criteri di adeguamento alla nuova realtà storica.
Fu un lungo lavoro di ristrutturazione, che ebbe come animatore l'infaticabile sindaco Achille Giorgi. La giunta municipale dovette risolvere, oltre al problema scolastico, anche quello suscitato dal lascito testamentario del vescovo Vincenzo Macioti. Questi il 25 gennaio 1838 aveva disposto l'erezione di un orfanotrofio maschile, utilizzando i suoi beni; i bambini, che tale istituzione benefica avrebbe accolto, sarebbero stati "mantenuti ed incamminati a quella professione od arte propria delle condizioni in cui sono nati, o di campagnoli o di artisti". In pratica i beni del Vescovo dovevano servire per istradare gli orfani alla scelta di una attività lavorativa o nel settore dell'agricoltura o in quello dell'artigianato. Il successore, mons. Tirabassi, si prodigò per attuare le disposizioni testamentarie del suo venerato confratello; aprì l'orfanotrofio maschile e lo affidò alle cure dell'Istituto dei Giuseppini. Purtroppo nel 1863 l'insufficienza dei mezzi economici costrinse la pia istituzione a chiudere i battenti e per dieci anni le rendite del lascito Macioti furono devolute all'altra istituzione benefica voluta dal Vescovo: l'orfanotrofio femminile, che svolgeva la sua attività assistenziale, avendo rimpinguato le sue fonti economiche fino al allora non molto floride. Essendo decaduto nel 1870 il potere temporale dei papi e subentrando quello regio, vennero incamerati nei beni dello stato tutti i beni prima posseduti dall'autorità ecclesiastica; così tutte le opere pie di Ferentino vennero sottoposte alla revisione di un commissario regio, nominato nella persona di Achille Giorgi.
Egli per non perdere i benefici del lascito Macioti, appellandosi all'art. 20 della legge 7 luglio 1866, secondo la quale gli usi pii venivano regolati dall'ordinamento con più precisione e rigore, con verbale del 10 dicembre 1876, redatto tra l'amministrazione del fondo per il culto ed il minicipio di Ferentino, richiese la cessione gratuita e la consegna al comune del fabbrcato dell'ex convento di S.Agata, con la chiesa omonima e l'orto adiacenti.