Riflessione sulla giornata del 2 novembre di Alberto Maggi
Il primo novembre essendo domenica gli orari non subiranno variazioni. Il 2 novembre giorno dedicato alla commemorazione dei fedeli defunti le Sante Messe saranno celebrate alle ore 9, 17.30 e 19. Le Sante Messe saranno celebrate senza intenzioni particolari ma in memoria di tutti i defunti anche in ricordo, e saranno certamente molti di più, di tutti quelli dimenticati. Facciamo comunione con le schiere dei Santi, dei Beati, con tutte le anime che ci hanno preceduto nel segno della Fede e vivono nella Luce di Gesù Risorto.
DUE NOVEMBRE di Alberto Maggi
Nel vangelo di Matteo, al momento della morte di Gesù si legge che “i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi dormienti risuscitarono”(Mt 27,52). Trattando di coloro che hanno dato adesione a Gesù, gli evangelisti evitano di adoperare per la loro fine il termine morti. Essi sono addormentati, ed è con questo eufemismo che nel Nuovo Testamento si indica la morte. Nella Prima Lettera di Paolo ai Tessalonicesi, questa fede nella morte, come un sonno che non interrompe la vita, viene così espressa: “Non vogliamo, fratelli, lasciarvi nell’ignoranza a proposito di quelli che sono addormentati, perché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza. Se infatti crediamo che Gesù è morto e risorto, così anche Dio, per mezzo di Gesù, radunerà con lui anche i dormienti in Gesù” (1 Ts 4,13). Paolo usa l’espressione “dormienti in Gesù” in analogia con i “morti in Cristo” (1 Ts 4,16), perché per i primi cristiani la morte era un addormentarsi, e il dormire non fa parte della morte ma è l’elemento indispensabile del ciclo vitale. Noi siamo soliti contrapporre la vita alla morte, per essi invece erano nascita e morte entrambe momenti importanti dello stesso ciclo vitale. La vita non cessa con la morte, ma entra nella sua vera e definitiva dimensione. La morte, infatti, per coloro che hanno accolto Gesù e il suo messaggio, non è la fine di tutto, non interrompe la vita, ma la potenzia. Come il dormire è quell’azione che consente all’individuo di rinfrancarsi dalla stanchezza, per poi riprendere con maggiore energia la sua vita, così la morte è una pausa nella quale, come per il sonno, l’individuo riposa dalle fatiche, per poi risvegliarsi con nuovo aumentato vigore: “Beati fin d’ora i morti che muoiono nel Signore. Sì, dice lo Spirito, riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono” (Ap 14,13). Per questo i primi cristiani non hanno chiamato necropoli (“città dei morti”) il luogo dove seppellivano i defunti, come era in uso nel mondo greco-romano, bensì cimitero, dalla parola greca koimêtêrion, che significa dormitorio, e che poteva indicare anche una sola tomba. Con il cristianesimo si rovesciò completamente il rapporto con il mondo dei morti, che nell’antichità era temuto (gli Ebrei consideravano il cadavere e il suo sepolcro fonte di impurità), e per questo si seppellivano i morti fuori della città, lontano dai viventi, per evitare conseguenze funeste. Già da Costantino in poi iniziò l’uso di seppellire presso le chiese o addirittura al loro interno. In passato il cimitero non aveva quell’atmosfera mesta che ha attualmente e il suo spazio non era riservato esclusivamente ai morti, ma era una sorta di spazio pubblico che godeva anche del privilegio del diritto d’asilo. Le decorazioni dei luoghi di sepoltura dei primi cristiani non presentano aspetti lugubri o terrificanti, ma sono contraddistinte da figure e colori piacevoli e attraenti che danno al luogo una nota di letizia, un’arte funeraria che supera il timore e la tristezza della morte assumendo un’apparenza gaia. Fino a tutto il Medioevo gli uomini avevano familiarità tanto con i morti quanto con la propria morte, ed era normale trovare nel cimitero botteghe e mercanti, scrivani, danze e giuochi, tant’è che nel 1231 il Concilio di Rouen deve proibire, sotto pena di scomunica, “di ballare al cimitero o in chiesa”, e un altro Concilio, nel 1405, oltre alla danza proibisce “di giocarvi a un qualunque gioco; divieto ai mimi, ai giocolieri, ai burattinai, ai musicanti, ai ciarlatani, di esercitarvi i loro ambigui mestieri”. Per avere un’idea di che fossero i cimiteri del passato basta pensare a Parigi, al cimitero dei Santi Innocenti conosciuto come rinomato luogo di prostituzione, o a Lutero che tuona contro la costruzione di una fabbrica di birra nel cimitero di Wittenberg. La spiritualità bizantina ha espresso magnificamente il concetto della morte sia come un sonno, sia come una nuova nascita, nell’icona della Dormizione della Vergine. In questa icona c’è il cadavere della Madonna adagiato sul letto funebre, attorniata dagli Apostoli; accanto il Cristo, rivestito degli abiti gloriosi, guarda con profonda tenerezza la madre addormentata, mentre tiene amorevolmente in braccio una bambina avvolta in candide fasce: è Maria, che con la morte è nata la seconda volta, quella definitiva. Ora non è più la Madre a tenere in braccio il Figlio, ma il Cristo la discepola. L’iconografo rappresenta la neonata in braccio al Cristo con le stesse fasce con le quali Maria è raffigurata al momento della sua nascita nell’icona della Natività della Madonna.