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3 - Misericordia e gratuità: Diciamo grazie

  • Lettera del Vescovo Ambrogio Nella tempesta salvaci Signore

Sì, dobbiamo dire grazie al Signore per essere stati salvati e preservati.
Molti sono stati colpiti dalla pandemia, molti sono morti, ancora molta gente soffre anche a causa delle gravi conseguenze economiche e sociali
che essa ha provocato. Davanti a questo dramma, non possiamo solo sentirci liberi di continuare come se nulla fosse successo, desiderosi unicamente di riprendere la vita normale. Ognuno deve fermarsi, sostare come le donne sotto la croce di Gesù, guardare questo dolore (ma non rimanendo inermi davanti a scene di violenza, magari filmandole con il cellulare!) riflettere, pregare, soprattutto non dimenticare, e infine ringraziare per essere ancora in vita.
Da questo atteggiamento, a volte così raro, perché spesso si pretende  dagli altri invece di ringraziare, nasce la generosità del dono. In questo
tempo di dolore è cresciuta la solidarietà. Molti si sono messi a disposizione per aiutare, donando cibo o distribuendolo a chi ne aveva necessità, curando e visitando gli anziani e i malati, vivendo un atteggiamento di vicinanza e amicizia verso gli altri, con rispetto e senza esibire se stessi, evitando di pesare con atteggiamenti e parole che esprimevano rabbia e insoddisfazione. Nei tempi difficili si devono maturare saggezza e pazienza, per non appesantire situazioni già di per sé complesse e dolorose.
Con questo spirito vorrei suggerire alcune scelte che possono aiutarci a vivere questo tempo:

  • avere uno sguardo largo e benevolo, come quello di Gesù che davanti al bisogno guardava gli altri con compassione, primo passo per cercare risposte. Di fronte alla folla affamata che lo seguiva, ebbe compassione… Il modo di guardare gli altri, a partire da chi ha bisogno, è il primo passo per trovare le risposte giuste. Uno sguardo malevolo, pronto al giudizio, rassegnato o indifferente, non aiuterà né gli altri né noi.
  • Continuare a vivere quella solidarietà concreta che si fa vicina al bisogno, che vive la fantasia di trovare soluzioni alle richieste degli altri, che non lascia solo chi soffre, che non accetta l’idea di non avere niente da dare, perché anche un povero può aiutare uno più povero di lui. I discepoli, che seguivano Gesù, trovarono solo cinque pani e due pesci, che però furono sufficienti per sfamare un gran numero di gente, perché quelli che li avevano non li tennero per sé, ma li portarono a Gesù, che pregò e, mentre venivano distribuiti, bastarono per tutti e persino ne avanzarono. Ognuno di noi può contribuire ad aiutare gli altri anche se dà solo il poco che gli è possibile, si unisce alla preghiera di Gesù, e accetta di condividere ciò che ha.
  • La solidarietà di un momento può trasformarsi in carità, cioè in un modo abituale di vivere con gli altri, attento al bisogno che ci circonda. La carità non riguarda solo la Caritas o i centri di ascolto, ma è parte essenziale della vita cristiana di tutti, proprio a partire dai laici e dai “semplici fedeli”. Penso a coloro che, in modi diversi, si prodigano per aiutare e li ringrazio. Il vostro esempio coinvolga altri a vivere con un cuore capace di avere compassione davanti al bisogno e a cercare risposte con fedeltà e saggezza. Nei prossimi mesi potremmo trovarci di fronte a una domanda di aiuto crescente. Non tiriamoci indietro, pensando che non tocca a noi aiutare o dando la colpa ora all’uno ora all’altro. Lavarsi le mani non ci renderà felici, perché solo nell’amore reciproco e nella condivisione di quanto abbiamo in beni materiali e spirituali rende bella e umana la nostra e l’altrui vita. Come non ci si salva da soli, così non si sarà mai pienamente felici da soli. Si può essere forse soddisfatti, ma non felici, che è un’altra cosa. Dice con saggezza Gesù che “c’è più gioia nel dare che nel ricevere” (Atti 20,35). Proviamo ad ascoltarlo!
  • Dalla carità e quindi da un amore condiviso nasce e cresce la fraternità. In questo tempo, soprattutto quando non potevamo incontrarci e le nostre comunità non hanno potuto pregare insieme, abbiamo scoperto che ci mancavano gli altri. Anche nella società è successo lo stesso. Penso alla scuola e alla fatica delle lezioni online, ma anche al desiderio degli studenti di stare con gli amici. La solitudine è stata una ferita enorme per gli anziani, ma anche per i piccoli e per i giovani, per le famiglie, per tutti. Non dimentichiamo il bisogno di fraternità, anche se nascosto e inespresso! Noi siamo fatti gli uni per gli altri. La solitudine non è una buona cosa. Riflettiamo e facciamo la scelta di una Chiesa che sia comunità, fraternità di donne e uomini che si incontrano, si ascoltano, si aiutano, si vogliono bene. Cerchiamo modi e forme nuove del nostro incontrarci, al di là di quelle che abbiamo vissuto finora. Curiamo l’amicizia, l’accoglienza, la fraternità, a cominciare dall’ascolto. A volte siamo troppo di fretta, sbrigativi, e non ascoltiamo nessuno, preti o laici che siamo. Tutti hanno bisogno di essere ascoltati e l’ascolto è la prima risposta al bisogno. Una comunità che sa accogliere con simpatia già ha dato una prima risposta alla solitudine e al bisogno, perché fa sentire chiunque a casa sua, parte di se stessa e non un estraneo. Una comunità fredda, una chiesa dove quando entri sembra che nessuno si interessi di te, non crescerà mai, anzi purtroppo perderà anche quelli che la frequentano abitualmente.

Per la riflessione

  • Come far crescere nelle nostre comunità la solidarietà verso i poveri coinvolgendo tutti, dalle confraternite ai comitati, dai giovani agli anziani, dai ragazzi alle famiglie?
  • Come renderci protagonisti di una fraternità inclusiva e attenta al  bisogno di tutti?

Conclusione

Nell’augurarmi che queste brevi riflessioni possano aiutarci a vivere con un rinnovato entusiasmo la gioia del Vangelo, desidero concludere con le ultime parole della prima lettera dell’apostolo Paolo a una delle sue comunità, quella di Tessalonica (12-23): “Vi preghiamo, fratelli, di avere riguardo per quelli che faticano tra voi, che vi fanno da guida nel Signore e vi ammoniscono; trattateli con molto rispetto e amore, a motivo del loro lavoro. Vivete in pace tra voi. Vi esortiamo, fratelli: ammonite chi è indisciplinato, fate coraggio a chi è scoraggiato, sostenete chi è debole, siate magnanimi con tutti. Badate che nessuno renda male per male ad alcuno, ma cercate sempre il bene tra voi e con tutti. Siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi. Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie. Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male. Il Dio della pace vi santifichi interamente, e tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo”.